Quali sono le differenze fra tartufo bianco e nero?

Quale Preferite? Il Bianco o il Nero?
Stiamo parlando di una delle eccellenze italiane: Il Tartufo!

Tra i più pregiati troviamo il Bianco di Alba e il Nero pregiato di Norcia

Ma ovviamente non esistono solo questi due campioni, tra gli altri prestigiosi tartufi italiani rientrano, tra i bianchi, quello di Carbonara Po (Mantova), quello dell’Appennino Tosco-Emiliano; quelli di San Miniato (Pisa) e San Giovanni d’Asso (Siena) in Toscana e poi anche a Gubbio e Città di Castello in Umbria e ad Acqualagna e Urbino nelle Marche. Dal centro Italia in giù spadroneggia il tartufo nero. Tra i neri, oltre a Norcia, si distinguono come zone ricche di tartufi il Sannio, l’Irpinia, la Calabria, la Basilicata e il territorio etneo.

Il tartufo si raccoglie nei boschi, nasce completamente sotto terra e ha bisogno di stare a contatto con un’altra pianta arborea come il leccio, la quercia e il nocciolo per poter nutrirsi e sviluppare la parte che noi tutti conosciamo come tartufo.
Il tartufo quindi è un genere di funghi appartenenti alla famiglia delle tuberaceae.

l tartufo si differenzia in più specie a seconda della sua dimensione, del suo odore, della grandezza e del colore. Ed è qui che troviamo la principale distinzione tra tartufo bianco o nero. Chiaramente non esiste una sola tipologia di tartufo bianco, così come per quella nera. Entrambe, infatti, presentano diverse specie.

Le differenze fra tartufo bianco e tartufo nero
Le differenze fra tartufo bianco e tartufo nero

Esistono due tipi di tartufo bianco:

  • Il primo è il Magnatum Pico, noto con il nome di Bianco d’Alba molto raro e dalle caratteristiche eccezionali. E’ possibile trovarlo in Piemonte nella zona di Alba, ma anche nelle zone di Urbino, in Toscana, nel Molise, in Abruzzo.
  • Il secondo è il Tuber Borchii, noto come bianchetto o marzuolo, anche questo è un tartufo bianco. E’ molto meno pregiato e non presenta il sapore intenso tipico di questo genere di fungo. Si trova più facilmente ed è diffuso anche nel resto d’Europa

Mentre esistono più tartufi neri, ma soltanto alcuni di questi possono essere considerati dei prodotti davvero pregiati.

  • Primo tra tutti è il Tuber melanosporum, ovvero il nero pregiato, noto anche come Nero di Norcia, tra i neri è sicuramente il più raro e prezioso e apprezzato in cucina per le sue caratteristiche
  • Poi c’è il nero estivo o scorzone, un tempo poco conosciuto e snobbato tra gli amanti di questo fungo ma oggi sta prendendo sempre più piede e si sta facendo sempre più apprezzare.

Il tartufo bianco e il tartufo nero pregiato sono due tartufi molto diversi tra loro, sia nell’aspetto, sia nel gusto.


Dove si può acquistare il tartufo marchigiano?

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Ad essere considerato il più prezioso è sicuramente il Bianco di Alba innanzitutto per la sua rarità in quanto si trova solo in determinati terreni ricchi di calcio e molto umidi, viene raccolto nelle Langhe e nel Monferrato dopo metà settembre. Si utilizza crudo e mai cotto Il suo prezzo è molto più alto rispetto agli altri tartufi, è molto delicato e per questo deve essere conservato all’interno dell’ovatta e consumato massimo entro tre settimane dalla raccolta.

La raccolta del tartufo nero pregiato di Norcia inizia a dicembre ed è ottimo sia crudo che cotto.

Infinite ricette si trovano per assaporare sia il tartufo bianco che quello nero. Quello di Alba si utilizza sempre crudo e mai cotto tagliato in lamelle sottilissime con il tagliatartufi.
Le ricette più note sono i Tajarin al tartufo, uova al tegamino con tartufo bianco, nei risotti , nella fonduta e tante altre con il tartufo aggiunto sempre crudo dopo l’impiattamento.
Il tartufo pregiato di Norcia è perfetto per le tagliatelle e strangozzi ma anche per uova al tegamino, risotti. Ottimo sia crudo che cotto, in genere si grattugia e si scalda leggermente in abbondante olio extravergine d’oliva, con il sale e uno spicchio d’aglio facendo attenzione a farlo cuocere pochissimo altrimenti perde il suo eccezionale sapore.

Riassumendo possiamo elencare le principali differenze tra tartufo bianco e tartufo nero:

  • Il tartufo nero ha un profumo più delicato e un sapore molto gradevole, il sapore del tartufo bianco, invece, è più intenso, leggermente piccante, addolcito da un tocco di miele e che ricorda un pochino il sapore del formaggio grana
  • L’aspetto è molto diverso e per questo sono facili da riconoscere: il tartufo bianco pregiato ha un contorno chiaro irregolare, vellutato al tatto, mentre la superficie del tartufo nero è più regolare, tonndegginte ma gobboso.
  • Anche la tipologia del terreno è diverso : il tartufo bianco predilige un tipo di terreno calcareo, con buona areazione ma molto umido, mentre il tartufo nero si trova prevalentemente in terreni con poca acqua e abbastanza asciutti di tipo calcareo, poveri di humus organico, con presenza di boschetti radi di piante e assenza di sottobosco.
  • il tartufo bianco ha un prezzo molto più alto circa tre volte più alto rispetto al tartufo nero.
  • Anche in cucina si usano modi diversi per prepararlo o presentarlo ai commensali: il tartufo bianco va affettato direttamente sul piatto ancora caldo, per poter sprigionare tutti i suoi preziosissimi aromi, mentre il tartufo nero per dare il massimo ha bisogno di qualche grado in più e può essere utilizzato anche parzialmente in cottura, raccomandando sempre di stare attentissimi a non superare i pochissimi minuti di cottura.
  • Il periodo di raccolta è diverso. Il tartufo d’Alba va da settembre fino a gennaio mentre il tartufo nero va da dicembre a marzo

Sia il tartufo bianco che quello nero devono avere delle caratteristiche che ne determinano la freschezza: entrambi devono essere abbastanza duri perché se risultano cedevoli probabilmente stanno andando verso il primo stadio della marcitura. Entrambi devono essere turgidi e compatti non eccessivamente duro ma nemmeno troppo elastico. Deve essere abbastanza intatto in quanto in caso contrario si deteriorerebbe rapidamente.
Olfattivamente come abbiamo già detto, per quanto riguarda il bianco di Alba si dovrebbe sentire l’aroma delicato dell’aglio e del miele. Assolutamente non si deve sentire odore di ammoniaca.

In generale, e senza fare differenze fra specie, questa prelibatezza, all’olfatto, è inconfondibile e si avverte un profumo che ricorda il fieno e la castagna. Se i tartufi sono maturi allora il profumo si sprigiona intenso.

Padella antiaderente per un piano cottura a induzione

Tra gli strumenti di cottura più utilizzati in cucina spiccano le padelle, nelle loro più svariate forme e misure. Negli ultimi anni, seguendo l’evoluzione delle cucine e dei piani cottura, la domanda si è focalizzata sempre più sulle padelle in alluminio antiaderenti per piani a induzione.

Piano cottura a induzione
Piano cottura a induzione

Padella antiaderente per piani cottura a induzione

Se avete un piano cottura a induzione e non sapete quale padella antiaderente scegliere, niente panico. Tutto quello che bisogna fare per avere dei risultati ottimali è valutare le caratteristiche del prodotto che si desidera acquistare.

Tipologia del rivestimento antiaderente, spessore del fondo in alluminio, tecnologia induttiva, grado di robustezza e solidità del prodotto nel suo complesso.

Tutti elementi fondamentali per valutare nel miglior modo possibile quello che sarà il vostro alleato in cucina.

Cos’è la cottura a induzione?

Già da diversi anni, a livello mondiale, la tecnologia dei piani di cottura a induzione ha cominciato finalmente a farsi largo.

Prima di tutto facciamo chiarezza su cos’è e come funziona.

La cucina a induzione si attiva tramite un processo elettromagnetico. La resistenza generata tra il flusso della piastra di cottura e il disco ferroso presente sul fondo delle padelle in alluminio crea calore direttamente all’interno della padella stessa, invece che sul piano cottura.

Infatti, tramite l’inserimento di una base in acciaio magnetico di 0,6 mm di spessore sul fondo delle padelle, si riesce a rendere un materiale ad alta conducibilità come l’alluminio perfettamente compatibile con l’induzione magnetica.

È bene ricordare anche che le padelle in alluminio, a differenza di quelle realizzate con altri metalli (acciaio o ferro smaltato), mantengono la caratteristica di una ottimale distribuzione del calore proprio grazie al materiale di cui sono composte.

Quali sono i vantaggi e gli svantaggi della cottura a induzione?

I vantaggi che offre il piano cottura a induzione sono numerosi.

Innanzitutto, rende l’ambiente cucina sicuro per i bambini, in quanto non ci sono fiamme e/o dispersione di gas.
Risulta essere maggiormente efficiente perché limita la dispersione di calore, raggiungendo temperature elevate più velocemente e creando quindi un notevole risparmio di energia.
Consente poi un controllo preciso del livello di temperatura alla quale si vuole cuocere il cibo.
Permette, infine, di pulire la superficie di cottura in modo facile e veloce.

Di contro, innanzitutto il costo del piano cottura: quelli a induzione sono più costosi rispetto a quelli a gas. Tuttavia, la spesa per acquistare un piano a induzione sta andando via via riducendosi.
Si deve poi mettere in conto un inevitabile aumento della bolletta della luce, che comunque dipende dalle prestazioni delle padelle. Quelle di elevata qualità hanno un fondo che permette un riscaldamento veloce che riduce i tempi di cottura e il costo energetico.
Infine, pentole e padelle idonee all’induzione sono mediamente più costose.

Alla luce di quanto finora detto, consigliamo di dare uno sguardo a Flonal, nota azienda del centro Italia specializzata nella produzione di padelle in alluminio con rivestimento antiaderente, tra cui – appunto – quelle idonee ai piani induzione. All’interno del sito web dell’azienda è presente anche uno shop per acquistare i loro prodotti, totalmente made in Italy.

Padella antiaderente per piano cottura a induzione
Padella antiaderente per piano cottura a induzione

Quali caratteristiche deve avere la padella per induzione?

Tutti coloro che hanno un piano cottura a induzione devono procurarsi strumenti adatti a questo tipo di superficie.

Prima di tutto occorre distinguere quali sono i prodotti compatibili con i piani a induzione. In commercio si possono facilmente riconoscere poiché riporteranno il simbolo della molla a spirale stampato sul packaging e sul prodotto stesso.

Successivamente occorre valutare le caratteristiche del prodotto.

Per prima cosa è importante considerare la qualità del rivestimento antiaderente, perché sarà ciò su cui cuocerete il vostro cibo. Più elevato è il livello qualitativo del materiale, tanto più a lungo potrete godere delle sue proprietà antiaderenti.

Ovviamente per il consumatore non è facile confrontare sotto questo aspetto i prodotti presenti sul mercato. Una discriminante da tenere sempre in considerazione è il prezzo: la qualità si paga. Diffidare dunque di quelle padelle proposte a prezzo stracciato che millantano chissà quali proprietà antiaderenti e di resistenza ai graffi e alle abrasioni.

Una caratteristica sicuramente più facile da valutare è invece lo spessore del fondo in alluminio, che si ricollega quindi al grado di solidità del prodotto nel suo complesso.
Maggiore è lo spessore del fondo, tanto più la padella sarà durevole e indeformabile nel tempo.
Questa è davvero una caratteristica importante per gli strumenti di cottura utilizzati sui piani a induzione, in quanto un fondo facilmente deformabile (più leggero) ne comprometterebbe l’efficienza.

Infine, un ultimo elemento da considerare è la tecnologia induttiva utilizzata. Attualmente ciò che rappresenta il miglior compresso tra prestazioni elevate e costi contenuti è il piatto magnetico in acciaio ferroso forato. È più leggero ed economico del fondo saldobrasato e permette un riscaldamento della padella veloce e uniforme.

Come iniziare una produzione di tartufo in Italia

Estivo o invernale, bianco o nero, moscato, bianchetto, liscio o uncinato, è il frutto più nascosto della terra. L’Italia scopre la sua vocazione alla produzione del tartufo: ogni regione ne ha più di una varietà. E le tartufaie sono in aumento.

Volete impiantare una tartufaia?

Coltivare tartufi è un buon investimento che garantisce una rendita futura. Ha un costo di manutenzione minimo e richiede poca mano d’opera. L’attività è alla portata di qualsiasi imprenditore agricolo che non ha problemi di mercato: la commercializzazione del prodotto è estremamente facile. È necessaria una densità minima di circa 500 piante per ettaro di terreno, per un investimento che non si aggira intorno ai 7mila euro (il costo delle piantine è di circa 15 euro). La coltivazione dà ricavi superiori di 30 volte a quelli quella vigna. Alcune regioni prevedono incentivi. Aziende specializzate affiancano i neofiti. Ma bisogna saper attendere. Almeno 10 anni. Il ministero delle Politiche agricole ha disposto un piano che regola l’intera filiera del tartufo.

Aprire una produzione di tartufi
Aprire una produzione di tartufi

Primo passo, l’analisi del terreno

Si parte dal terreno: vanno bene tutti, esclusi quelli paludosi, le aree sopra i 1000 metri di altezza e le zone sabbiose. E’ importante eseguire una valutazione dei parametri, controllando granulometria, ph, humus, fosforo, carbonato, azoto. Se risulta idoneo sarà possibile mettere a dimora piccoli alberi micorizzati, ovvero infestati dalle spore di tartufo. Meglio farlo in estate e su piante certificate. Tiglio, nocciolo e roverella per il Bianco pregiato, faggio, leccio e rovere per lo Scorzone.

CONSIGLI DEGLI ESPERTI 08 ottobre 2020

Vademecum all’acquisto del tartufo:  forma, colore e profumo

In 11 anni l’apice produttivo.

Per la coltivazione del fungo ipogeo vanno bene in ogni caso tutte le piante boschive tipiche della macchia mediterranea. È necessario eliminare erbe che possano impedire la crescita del tartufo, utilizzando solo attrezzi manuali. Irrigare sono in periodi di siccità. E combattere i parassiti con metodi naturali. Il tempo di attecchimento è di circa 4 anni, all’undicesimo si raggiunge l’apice produttivo che persiste anche fino a 80 anni.

L’Ue riconosce i tartufi come prodotti agricoli

È possibile impiantare un bosco in zone marginali, a rischio erosione, contribuendo a contenere il dissesto idrogeologico. L’Unione europea finanzia la posa in opere di tartufaie e, da un anno, riconosce i tartufi come prodotti agricoli. Una misura che in Italia deve essere ancora recepita. La tassazione del prodotto è scesa dal 22 al 10%. Ma nel Belpaese la ricerca del tartufo però è ancora “libera nei boschi e nei terreni non coltivati”. Così spariscono le tartufaie spontanee.

A scuola di tartufo

Matteo Bartolini, presidente della Confederazione agricoltori dell’Umbria (vicepresidente di Federbio), ha avviato qualche anno fa a Città di Castello un progetto di ricerca con l’Università di Perugia su 14 ettari di terreno “svantaggiato” per la coltivazione di tartufo in tutte le stagioni, puntando sul nero pregiato di Norcia, sul nero estivo, il nero invernale di campo e il Bianchetto. Applicando sensori alle piante, ha ottenuto indicazioni costanti per l’irrigazione e la concimazione, riuscendo a ridurre il tempo di produzione e a razionalizzare le risorse idriche. Presso la sua azienda Cà Solare è aperta la Truffle school frequentata da americani, canadesi, australiani, russi e cinesi. I quali concludono il ciclo delle lezioni adottando una pianta da tartufo. Il raccolto, in genere, arriva dopo 2 anni. Presto gli allievi della Truffle school potranno adottare anche un cane addestrato alla ricerca: l’azienda agricola di Bartolini si prepara all’allevamento di cani da tartufo.