Come cuocere i tipici arrosticini abruzzesi fatti a mano

Gli arrosticini sono degli spiedini di carne di pecora famosi in tutta Italia per il loro gusto unico e la carne morbida. Chiamate anche “rustelle”, rappresentano il piatto tipico abruzzese, cucinato in tutte le province e accompagnato sempre da pane bruschettato e olio extra vergine d’oliva.

La carne degli arrosticini abruzzesi realizzati in macchina è carne di pecora, tagliata in piccoli pezzetti di 1 cm, inseriti negli spiedini lunghi circa 30cm. Gli spiedini degli arrosticini sono chiamati dagli abitanti del posto “i ceppi”.

Grazie alla grande diffusione degli arrosticini abruzzesi, oggi è molto facile trovarli su tutto il territorio e in alcuni ristoranti abruzzesi presenti in altre città italiane.

Arrosticini tipici d'Abruzzo
Arrosticini tipici d’Abruzzo

Segreti dell’arrosticino abruzzese: tempi di cottura.

Gli arrosticini fatti a mano si realizzano tagliando i cubetti di carne a tocchetti irregolari, della grandezza massima di 1 – 1,5 cm circa, unendo pezzi di carne magra a tocchetti di carne grassa. Quest’ultima è molto utile in cottura perché rende l’intero arrosticino più morbido e profumato.

Il segreto della bontà degli arrosticini fatti a mano è la cottura, che varia in base alla temperatura e all’intensità del fuoco, oltre che al tipo di griglia utilizzata. Gli arrosticini abruzzesi si cuociono alla brace, su uno speciale braciere denominato “la fornacella” o “rostelleria” caratterizzato da una forma di canalina allungata dove si realizza la brace.

Cucinare gli arrosticini sulla “canala” permette di arrostire la carne in modo costante ed evita di bruciare i ceppi di legno non coperti dalla carne. La fiamma nel canale non deve essere alta, altrimenti la carne diventa secca e dura.

Gli arrosticini si dispongono in fila sulla fornacella, uno accanto all’altro, e devono essere girati su entrambi i lati dopo alcuni minuti di cottura. Per sapere quando girare l’arrosticino è importante controllare il colore dorato della carne.

Tra i segreti sulla cottura dell’arrosticino troviamo la salatura, quel procedimento che spesso provoca discussioni tra gli abruzzesi stessi. Secondo gli esperti della tradizione, il sale deve essere messo sugli arrosticini solo una volta durante la fase finale della cottura, mentre altri amanti del piatto preferiscono salare su entrambi i lati per due volte.

Una volta cotti, gli arrosticini devono essere raccolti in gruppi da dieci e inseriti in un cartoccio di carta stagnola, utile a conservare il calore e l’aroma.

Come cuocere i tipici arrosticini di pecora abruzzesi
Come cuocere i tipici arrosticini di pecora abruzzesi

Curiosità sugli arrosticini abruzzesi

In origine, gli arrosticini abruzzesi erano il piatto povero consumato dai pastori situati nella zona sud del Gran Sasso. Oggi, è possibile trovare gli arrosticini abruzzesi in tutte le città della regione e in qualsiasi locale con un menù di carne.

Gli arrosticini possono essere mangiati ovunque: in spiaggia, a casa, in macchina, al pub, in una festa di paese, in montagna, al lago e in qualsiasi altro luogo. Grazie alla loro diffusione su tutto il territorio regionale, ci sono tante aziende che realizzano arrosticini in serie e tanti produttori di arrosticini fatti a mano che vendono il prodotto anche nei market locali.

In passato, i lunghi bastoncini utilizzati come spiedini erano ricavati da piante situate sul fiume di Pescara: i pastori tagliavano i pezzi di legna dalle piante e procedevano alla rifinitura per ottenere un bastoncino perfetto.

Infine, è bene sapere che il sapore degli arrosticini è molto forte, per questo motivo si consiglia di accompagnare il piatto con un vino rosso della zona, ovvero il Montepulciano d’Abruzzo. Questo vino è un vino rosso corposo, prodotto in molte zone della regione. In alternativa, i proprietari della locanda consigliano un vino rosso della casa diluito in un quarto di gassosa (champagnino) e portato insieme ad alcune fette di pane casereccio bruschettato e condito con olio extravergine d’oliva locale.

Usi e tradizioni calabresi nel giorno di Santa Lucia

Guest Post a cura di Irene Milito

Secondo la tradizione calabrese il giorno di Santa Lucia, ovvero il 13 Dicembre è un giorno di festa. Molti paesi del cosentino e paesi limitrofi usano festeggiare Santa Lucia. I paesi che conosco che festeggiano questo giorno sono: Corigliano Calabro, Bisignano e Longobucco. A Corigliano Calabro si usa preparare i tridici cose, ovvero 13 varietà di frutta, dove non potevano mancare lupini, corbezzoli e mirtilli e poi sono soliti preparare il piatto per eccellenza di questa festa la Cuccia di Santa Lucia, che veniva realizzata con il grano cotto e poi veniva condita cu ru mele i fichi, a differenze di altri paesi della presila cosentina che era salata. Inoltre in questo giorno di festa sempre nella stessa Corigliano si usava bere il vino nuovo. A Bisignano come ad Acri e in altri paesi della Valle del Crati si ripeteva il rito di origine pagana. Si usava preparare la cuccia base di farro-grano e si usava distribuirla ai vicini di casa. Inoltre si usava condire questo piatto con il vino cotto, con l’aggiunta di ricotta, i canditi, il cioccolato e diventava un piatto molto prelibato. Di seguito le ricette sia della Cuccia che si usa realizzare a Corigliano Calabro e sia della Cuccia dolce di Longobucco.

Cuccia di Corigliano Calabro

Ingredienti:

  • Grano o grano già cotto
  • Miele di fichi o mosto cotto
  • Noci
  • Buccia d’arancia secca

Procedimento:

Mettete a bagno il grano per tre giorni. Una volta che si è ammorbidito cuocetelo a fuoco lento. Una volta cotto, conditelo con il miele di fichi o il mosto cotto, se preferite potete metterci le noci e la buccia di un’arancia secca.

 

Cuccia dolce di Longobucco

Ingredienti:

  • Grano o grano già cotto
  • Zucchero
  • Miele di fichi o mosto cotto (opzionale)

Procedimento:

Mettete a bagno il grano per un giorno e una notte. Se non riuscite a reperire il grano normale potete adoperare quello già cotto che si usa per la pastiera. Quando si è ammorbidito mettetelo a cuocere a fuoco lento in una casseruola con abbondante acqua. Una volta cotto, fatelo raffreddare e poi potete condirlo a vostro piacimento. La ricetta originale prevede solo l’aggiunta dello zucchero, però mi raccontava la nonna di mio marito che si ci può aggiungere miele di fichi o mosto cotto o altre varianti come ricotta o cioccolato o canditi o come preferite.

La cuccia, dolce tipico di grano preparato sulle tavole dei contadini calabresi e siciliani per il 13 dicembre, giorno di Santa Lucia, protettrice degli occhi. La cuccia poteva essere condita in diversi modi: con uva passa, latte, cannella e miele, o magari con olio d’oliva e legumi divenendo così una zuppa salata. La cuccia viene preparata in diverse circostanze festive in Calabria, nonché in gran parte del sud Italia, con cereali ( grano, granturco, farro, ma anche castagne, ceci e fave). E’ un piatto povero ed elaborato con antecedenti nel mondo antico, infatti i greci e i romani usavano offrire alle divinità farro, fave ed altri cibi cotti.

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