I fichi bianchi del Cilento, origine e prodotti tipici

La Campania si contraddistingue dalle altre regioni per la qualità, la bontà e la produzione dei suoi prodotti e piatti tipici divenuti universali nel corso degli anni in quasi tutta Italia. Questa ragione, oltre a vantare il primato per la produzione della mozzarella e altri alimenti freschi del sud, è famosa anche per la sua coltivazione e l’essiccazione dei fichi bianchi del Cilento.

La origini e la storia del fico bianco

Intorno al VI secolo a.C. gli antichi greci avevano fondato diverse città nella zona del Cilento per dedicarsi completamente alla coltivazione e alla produzione dei primi fichi bianchi, un frutto che divenne ben presto un prodotto tipico campano. Quest’ultimo veniva lavorato ed essiccato al sole e, in base al terreno di provenienza, poteva assumere un colore e sapore diverso. Soprattutto nei periodi di carestia, ove i padri di famiglia non potevano garantire cibo alla propria prole, il fico bianco rappresentava l’unico alimento in grado di salvare intere popolazioni. Grazie al suo processo di essiccazione questo prodotto poteva essere conservato anche per un lungo periodo di tempo, ingerito in qualsiasi momento e riuscita a placare il senso di fame di un’intera popolazione.

Dove vengono prodotti e come sono fatti?

I fichi bianchi del Cilento sono frutti secchi prodotti al sud, in particolar modo a Salerno, dalle colline di Agropoli fino al Bussento. Il loro aspetto è invitante, la loro forma è tondeggiante e il colore della buccia è di un giallo chiaro. E’ possibile trovare in commercio fichi di un colore più scuro, tendente quasi al marrone, solo se quest’ultimi vengono cotti prima della loro vendita. Al suo interno vi è la polpa di un colore giallo ambrato e il suo sapore è abbastanza dolce.

Agropoli, comune del Cilento in provincia di Salerno
Agropoli, comune del Cilento in provincia di Salerno

Di solito i fichi bianchi possono essere venduti e posizionati alla rinfusa in diverse ceste di legno o in vari sacchetti tringolari o quadrate. Al giorno d’oggi vengono essiccati al sole, farciti con noci o mandorle, aromatizzati con limone o finocchio tipico del Cilento, ricoperti con del cioccolato fondente ed insaporito con lo zucchero di canna.

I fichi pregiati, i quali vengono coltivati in posti particolari come la zona tra del mare e della barriera degli Appennini, costano molto di più e sono riconoscibili perchè privi di buccia e con la polpa di colore bianco.

I prodotti tipici del Cilento

Il Cilento è famoso non solo per i fichi bianchi, ma anche per la produzione di altri alimenti molto importanti come le confetture, le passate e le conserve, i sottoli, il miele, i dolci e la frutta, l’olio extravergine d’oliva e la pasta.

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In particolar modo le olive vengono colte a mano come da tradizione con l’ausilio degli scuotitori, dei pettini vibranti e delle reti che vengono poste intorno all’albero impedendo agli altri frutti di stressarsi e per garantire un’elevata qualità dell’olio. L’olio extravergine d’oliva viene riprodotto da ben 62 comuni situati nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano ove il suo livello di acidità non deve superare lo 0,7%.

Ai tempi dei greci, il Cilento era riconosciuto anche per la sua produzione di pasta e l’impasto di acqua e farina veniva lavorato, tirato e poi tagliato a strisce sottili. Con il passare del tempo la farina è stata sostituita dalla semola di grano duro, quella con cui ancora oggi viene riprodotta la pasta.

Paccheri tipici del Cilento
Paccheri tipici del Cilento

Pure i liquori sono tra i prodotti tipici del Cilento e, dato che sono elaborati dalla macerazione di foglie e frutti in alcol, vengono preparati in casa e consumati esclusivamente nei giorni di festa. Per accompagnare la degustazione dei vini, la popolazione ha deciso di dedicarsi alla produzione di uno dei salumi più importanti del posto: la Soppressata di Gioi Cilento. Questo alimento viene lavorato a mano con carne di prima scelta condita con il pepe, il sale, peperoncino e finocchietto per poi essere insaccata nel budello naturale del maiale accompagnato da un pezzo di lardo.

Inoltre, la posizione geografica del Cilento, composta per la maggior parte da cespugli ed erbe basse, garantisce cibo sufficiente per capre e pecore finalizzate alla produzione del latte aromatizzato. Dal latte ricavato da questi animali viene riprodotta la cacioricotta, con eccezione del periodo estivo quando cessa la produzione di latte delle pecore ed è possibile produrlo esclusivamente con il latte di capra. Il processo è molto complesso dato che il latte viene filtrato e messo in una caldaia, riscaldato fino ai 90 gradi per qualche minuto per poi essere raffreddato a circa 36 gradi per favorire la coagulazione. Dopodichè viene frantumato in piccoli grumi e viene messo sotto siero per una manciata di minuti per poi essere sgocciolato in canestri di giungo. Quando il liquido sarà sgocciolato del tutto, il formaggio potrà essere salato a secco e messo a riposare per 8-10 giorni su degli assi di legno in un luogo asciutto.

Come usare il peperoncino in cucina

Il peperoncino in cucina può essere usato in mille modi, alcuni anche impensabili.

Le proprietà nutritive e benefiche sono innumerevoli: innanzitutto, sono poveri di calorie, quindi adatti alle diete ipocaloriche, mentre sono ricche di vitamine, specialmente le vitamine A, C ed E, fondamentali per il nostro organismo. Inoltre, l’utilizzo di peperoncino aiuta la circolazione cardiovascolare con benefici per tutto il sistema circolatorio (per maggiori informazioni ti consiglio di leggere alcuni articoli sul web, provenienti da fonti più autorevoli.).

Peperoncino di Cayenna, Capsicum annuum acuminatum ancora in coltivazione

Peperoncino di Cayenna, Capsicum annuum acuminatum ancora in coltivazione

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Come detto, i possibili utilizzi sono i più disparati:

  • Innanzitutto, si possono consumare freschi: tagliati a fettine e messi a crudo sopra le pietanze, in special modo pizza e pasta, fanno decisamente la loro figura. Nel caso di consumo di frutti freschi, si potrà assaporare tutto l’aroma del peperoncino con i diversi retrogusti (particolarmente marcati nei “chinense”, come gli Habanero, i Carolina Reaper ecc….).
  • Consumarli secchi: il miglior modo di conservazione dei peperoncini, è sicuramente l’essiccazione. Esistono varie metodologie di essiccazione, più o meno valide e più o meno sicure.

Come prima cosa vi è la classica essiccazione al sole diretto. Questo, in genere, è possibile solo per quei peperoncini del genere Annumm che non sono particolarmente carnosi; con i Chinense, invece, avendo una buccia più spessa ed essendo più carnosi, si corre un serio rischio di farli ammuffire, soprattutto internamente. Per l’essiccazione al sole, bisogna legare con del filo i peperoncini (precedentemente lavati e asciugati con cura) infilzandoli per la parte superiore e appendendoli in un posto esposto ai raggi solari e possibilmente particolarmente areato. Sarebbe opportuno isolare le nostre corone di peperoncino in essiccazione con delle zanzariere, per evitare che degli insetti possano depositarvi delle uova, e trovarci a distanza di tempo con ospiti indesiderati. Altro dettaglio importante è quello di ricordarsi di portare in casa la notte le nostre corone: altrimenti, si corre il rischio di far riprendere umidità ai peperoncini con la notte e prolungare eccessivamente i tempi di essiccazione.

Altro metodo a costo zero è l’utilizzo del forno di casa: si dispongono sulle lastre i peperoncini tagliati (precedentemente lavati e asciugati con cura) e si infornano ad una temperatura di circa 50 gradi, avendo cura di impostare il forno ventilato e lasciando lo sportello semi aperto di qualche cm per far uscire l’umidità. Nel giro di poche ore i peperoncini saranno pronti: lo saranno quando, passandoli tra le dita delle mano, si sbricioleranno facilmente senza risultare gommosi (come delle patatine in busta, per intendersi). Accorgimento importante: Essiccando in forno, e tenendo lo sportello aperto, l’aria dentro la stanza potrebbe diventare particolarmente piccante, quindi si consiglia di essiccare tenendo ben areata la stanza!

In alternativa, il miglior modo per essiccare i peperoncini, è l’utilizzo di un apposito essiccatore. Se ne trovano in commercio di tutti i tipi e prezzi, e con poche decine di euro ci si porta a casa uno strumento particolarmente utile, non solo per i peperoncini, ma per essiccare anche frutta, verdura ecc… È opportuno scegliere un essiccatore con la temperatura regolabile, che dovrà essere impostata attorno ai 35-40°: in questo modo, a queste temperature basse, tutte le proprietà organolettiche del peperoncino verranno salvaguardate (sapore, piccantezza, proprietà nutritive ecc…). Anche qui, i peperoncini saranno pronti quando, passandoli tra le dita delle mano, si sbricioleranno facilmente senza risultare gommosi. Per velocizzare la procedura, si consiglia di inserire i peperoncini tagliati e non interi all’interno. Per i peperoncini più carnosi, possono volerci anche 2-3 giorni per ottenere un’essiccazione perfetta! Non abbiate fretta….

Una volta essiccati, non ci resta che scegliere come utilizzare i nostri peperoncini: possiamo utilizzarli a pezzi per dei sughi o creme, possiamo creare una polvere o anche fare un olio piccante! Fondamentale è che i peperoncini secchi o le polveri vengano conservate all’0interno di barattoli a chiusura ermetica e lontani da luce e fonti di calore: tendono a recuperare umidità molto velocemente!

Per fare l’olio piccante, è sufficiente mettere del peperoncino secco (intero, a pezzi o in polvere) all’interno di una bottiglietta in vetro o barattolo (pulito e sterilizzato adeguatamente), aggiungervi olio (di qualità!!!!) e lasciar riposare al buio per almeno 1 mese, avendo cura ogni settimana di “sbattere” barattolo. Una volta passato un mese, sarà possibile filtrare l’olio ed esso sarà pronto all’uso!

ATTENZIONE: NON FATE MAI L’OLIO PICCANTE CON PEPERONCINI FRESCHI!!!! Si corre un altissimo rischio di botulino (potenzialmente mortale!!!). I nostri nonni erano soliti fare gli oli piccanti con peperoncini freschi, ma questa è una procedura ad alto rischio in quanto il peperoncino contiene una grande quantità di acqua, condizione essenziale per lo sviluppo del botulino.

Altro modo di utilizzo dei peperoncini è quello di farli sottaceto: si consiglia l’utilizzo di peperoncini non eccessivamente piccanti, i migliori sono gli annumm più carnosi come ad esempio gli Jalapenos.

Peperoncino Jalapeno White ancora in crescita sulla pianta

Peperoncino Jalapeno White ancora in crescita sulla pianta

Per farli, basta prendere i peperoncini, lavarli e asciugarli molto attentamente, tagliarli a fette non proprio sottili, farli sbollentare per un minuto in aceto (di vino, possibilmente ad alta acidità) e poi metterli dentro dei vasetti ermetici sterilizzati. L’acidità e il pH dell’aceto infatti garantiranno la conservazione dei peperoncini ed impediranno lo sviluppo del botulino! Per preservare la croccantezza dei peperoncini, si consiglia di mettere dentro il vasetto una foglia di vite o di alloro, che rilasceranno tannini e ci garantiranno peperoncini croccanti anche a distanza di tempo.

Classico modo di utilizzo dei peperoncini è quello di farli ripieni e sott’olio. Per questo scopo, si utilizzano i “classici” peperoncini tondi calabresi, ma vanno benissimo anche i cd. “bishop crown”: si tratta di peperoncini poco piccanti ma molto croccanti, ideali per questa preparazione.
Si prendono i peperoncini, lavati e asciugati, si scavano internamente andando a togliere semi e placenta e si fanno bollire in una soluzione composta da 75% da aceto e 25% da vino bianco. Dopo pochi minuti si scolano (non fateli stracuocere, devono rimanere croccanti!) e si fanno asciugare bene sopra un canovaccio pulito. Nel frattempo, preparate il ripieno: tonno, alici, capperi è il ripieno classico, a cui si possono aggiungere le spezie e gli ingredienti più disparati (paprika, pepe, aglio, un po di polvere di peperoncino per dare una spinta in più….). Una volta asciutti, si riempiono i peperoncini con il ripieno e si mettono dentro i soliti vasetti sterilizzati. Si riempie il vaso di olio di semi (volendo si possono aggiungere anche qui delle spezie all’olio) e si conservano in un luogo asciutto e al buio.

Gli Jalapeno (o anche altri peperoncini più piccanti, per i più esperti) possono anche essere utilizzati per creare un aperitivo sfizioso e goloso: si prendono gli Jalapeno, possibilmente ancora verdi e croccanti, si scavano internamente per rimuovere semi e placenta e si riempiono con formaggio (es. cheddar, scamorza affumicata ecc..); poi si arrotolano nella pancetta affumicata e successivamente si impanano come delle classiche cotolette in uovo e pane (si consiglia la doppia panatura!). Poi si fanno friggere in abbondante olio di semi per qualche minuto, fino a completa doratura… Attenzione: Sono così buoni da rendervi dipendenti!

Gli utilizzi del peperoncino non sono finiti qui, si possono fare anche salse, marmellate, creme e dar sfogo a tutta la fantasia….

Peperoncino Jay's Ghost Scorpion Peach

Peperoncino Jay’s Ghost Scorpion Peach

Peperoncino Jay's Ghost Scorpion Peach verde sul palmo di una mano

Peperoncino Jay’s Ghost Scorpion Peach verde sul palmo di una mano

Perchè il caviale costa così tanto? Come viene preparato?

Forse, anche prima di leggere questo articolo, vi sarete chiesti una volta nella vita, perché il caviale sia un cibo molto rinomato e soprattutto molto costoso.

Dovete inizialmente sapere che in passato non è sempre stato un alimento molto apprezzato, infatti, pare non abbia riscosso grande successo con Luigi XV, che non ha gradito un omaggio dallo Zar Pietro il Grande, che gli portò delle uova di storione. Nonostante questo insuccesso, i russi non si sono demoralizzati, Anzi hanno fatto fare al caviale Il giro del mondo per tutte le tavole.

Perché il caviale è così costoso, come viene raccolto e preparato

Perché il caviale è così costoso, come viene raccolto e preparato

Ma come nasce il caviale? Da dove viene?

Il caviale non è altro che il prodotto della lavorazione delle uova di storione. Il prodotto finale e anche noto come oro nero.
Pare che questo pesce, lo storione, fosse noto già ai tempi degli antichi romani, quando se ne gustava la carne, ma non si era mai fatto caso alle sue uova.

Quello che è più difficile, è la pesca dello storione e soprattutto la raccolta delle uova, è una procedura molto delicata.
Esistono in totale 24 specie differenti di storione, ma sono ben poche invece, quelle da cui si ricava il famoso oro nero. La specie di storione più conosciuta ma anche allo stesso tempo quella più rara, è quella del Beluga.

Le uova dello storione, vengono prelevate soltanto dopo che il pesce padre, è stato tramortito con un colpo al capo.
Da qui inizia la lavorazione delle uova, che vengono pulite, immerse nel sale ed infine si provvede al confezionamento.

Fra i più grandi produttori di caviale troviamo la Russia è l’Iran. In europa, abbiamo invece la Francia, che è al primo posto per la produzione di caviale in allevamento.
Purtroppo, Non tutti possono permettersi questa prelibatezza in quanto ha un costo veramente elevato.
Il caviale proveniente da allevamenti europei, ha un costo che si aggira sui €1440 al kg, mentre quello che si ricava dallo storione sopracitato, il Beluga iraniano, viaggia attorno ai €2100 al kg.

Come vengono mangiato e cucinato il caviale?

La degustazione delle uova di storione , ha una sua tradizione che ne consente di mantenere il sapore. Queste uova vengono adagiate sul ghiaccio e vengono mangiate da sole usando un cucchiaino, purché non d’argento, in quanto il metallo ne potrebbe modificare il sapore al palato punto il cucchiaio ideale è realizzato in madreperla.
Il caviale può essere mangiato in modi diversi, ad esempio in Russia viene gustato assieme alla vodka.

È molto semplice e rapido preparare un piatto di caviale:

  • due punti crostini di pane tostato
  • caviale freddo
  • uova sode
  • panna fresca o burro
  • erba cipollina
  • mezzo limone a capo vodka

La preparazione è molto rapida, occorre spalmare un velo di burro sul pane, porre il caviale, pezzetti di tuorlo di uovo ed albume, erba cipollina ed Appena qualche goccia di limone. Il piatto va accompagnato con della vodka ghiacciata!

Come cucinate voi il caviale? Fatecelo sapere con un commento qui sotto