Siccagno: il Nero d’Avola secondo Arianna Occhipinti

Arianna Occhipinti è una giovane produttrice siciliana autodefinitasi “naturale”, una ragazza con le idee chiare che ha saputo mettersi in luce nel giro di pochissimi anni grazie ad una produzione con uno stile ben definito certamente differente dalla stragrande maggioranza dei vini siciliani, e questo non solo perchè i suoi vini rientrano nella schiera dei cosidetti naturali, i suoi vini sono l’opposto di quello che si può immaginare pensando a dei vini siciliani e meridionali in genere, spesso marmellatosi, iperfruttati, lenti e pesanti.
Arianna produce i suoi vini da uve coltivate seguendo i dettami dell’agricoltura biodinamica, i suoi vini rientrano, infatti, nella selezione dei vini Triple A, la vinificazione avviene senza il controllo delle temperature e con soli lieviti autoctoni, tutto ciò fà si che i suoi vini siano certamente più salutari poichè non contengono residui di veleni chimici ed inoltre, ogni annata ma persino ogni bottiglia non è identica all’altra perchè il vino naturale è tutt’altro che omologato ad uno standard, certo può capitare di avere a che fare con un filo di volatile, ma è facile soprassedere se pensi di stare bevendo qualcosa di non convenzionale ed inevitabilmente unico ed irripetibile.

I vitigni coltivati da Arianna Occhipinti sono il Frappato da cui produce in purezza l’omonimo vino, unito al Nero d’Avola invece nasce l’SP68 rosso, l’Albanello ed il Moscato che insieme danno vita invece al SP68 bianco. Dalle vigne di Nero d’Avola nasce il Siccagno, un’interpretazione unica, diametralmente diversa dalle solite cui è sottoposto il più famoso vitigno siciliano.
Siccagno è un vino rosso di grande eleganza, freschezza e straordinaria facilità di beva. Dal colore rosso rubino concentrato ma non impenetrabile, esprime profumi di more ed altri frutti neri, toni vegetali e di sottobosco. Ha bisogno di un pò di tempo per concedersi, lo fà su note di macchia mediterranea, accenni balsamici e di eucalipto, raffinato, caldo, di ampia estrazione, sospinto da una vitale freschezza e da un tannino fine, il finale è in equilibrio perfetto, lunga la persistenza. Affinato per circa 18 mesi in botti di legno di rovere.

Barolo da collezione: Brunate Le Coste di Beppe Rinaldi

Gli appassionati lo sanno bene, il territorio piemontese offre vini di livello assoluto, personalmente in linea generale, ritengo che lì si trovano i migliori vini italiani, tra Barolo e Barbaresco non cè che l’imbarazzo della scelta.

In occasione del Salone del Gusto di Torino ho partecipato alla grande degustazione di Slow Wine, dove vi erano centinaia di vini provenienti da ogni regione d’Italia, il piano dedicato al Piemonte è quello a cui ho dedicato più tempo (come era ovvio).
Solo tra i piemontesi ho degustato circa 25 tra barolo, barbaresco, langhe nebbiolo e qualche barbera, ho commesso l’errore di arrivare al piemonte al termine della mia personale degustazione che è iniziata dal sud italia con i vini della Sicilia, Puglia, Basilicata, Sicilia, Campania, Toscana e via via sino ad arrivare al Piemonte.

Vi era la possibilità di assaggiare tantissimi nomi noti dell’enologia piemontese, vini di spessore elevatissimo e dal costo importante, che spesso supera le € 100 a boccia in enoteca, ma il vino che maggiormente mi ha colpito anche in questa occasione (non era la prima volta che passava per il mio palato) è uno tra i Barolo dal prezzo più umano, il Brunate Le Coste di Giuseppe Rinaldi.

Il nome definisce i cru da cui è composto, ovvero una parte delle uve Nebbiolo provengono da Brunate ed un’altra da Le Coste, un Barolo di longevità straordinaria ma che già in gioventù pare compiuto e bevibilissimo.

Naso caldo di erbe, liquirizia, caffè, foglie secche, rosa appassita, menta, ciliegia e confetture, tutto perfettamente amalgamato. Al gusto si esprime con grande armonia e precisione, possiede corpo pieno, tannini finissimi e maturi, lunghissima la persistenza.
Uno straordinario interprete del territorio delle Langhe, un vino che riesce a coniugare sapidità e facilità di beva, complessità aromatica ed eleganza al palato. Eccezionale.

Godere del Brunello di Montalcino Soldera è ormai impossibile

Già prima che accadesse la tragedia era ritenuto uno dei 2-3 Brunello di Montalcino più quotati e tra i 50 vini più buoni del mondo, per questi motivi (e per il suo costo in linea con la sua nomea) era già un vino per pochi, a distanza di pochi mesi dalla cosiddetta “tragedia del Brunello” è diventato pressochè impossibile (o quasi) reperire anche una sola bottiglia di Brunello Soldera Case Basse anche per chi non ha problemi di portafoglio.

Gianfranco Soldera ottiene otteneva mediamente dieci mila bottiglie del suo preziosissimo Brunello, considerando il fatto che è un vino richiestissimo e commercializzato in tutto il mondo, vien da sè che nel mercato italiano restavano ben poche bottiglie a disposizione, l’atto vandalico ha distrutto tutta la produzione di ben 7 annate, fatto salvo che Gianfranco Soldera decida di continuare a produrre il suo vino, le prossime bottiglie in commercio non usciranno prima del 2019 (vendemmia 2013 che matura in legno per almeno 5 anni e qualche mese in bottiglia), motivo per cui non appena il fatto è stato reso noto gli affezionati e i collezionisti si sono immediatamente accaparrati le ultime bottiglie in commercio non senza cospicui aumenti del prezzo di vendita come è normale che sia secondo la legge del mercato. Quando il fattaccio è accaduto al distributore ufficiale di Soldera (Heres) restavano soltanto 600 bottiglie di cui è stata immediatamente bloccata la vendita per evitare speculazioni.

Ad oggi il Brunello di Montalcino Soldera Case Basse è scomparso dagli scaffali delle enoteche reali e di quelle online, sembra sia impossibile reperirne anche a volerlo pagare dieci volte il suo prezzo originario. Come pronosticato dall’A.D. di Heres SpA, l’accaduto ha, in un certo senso, rafforzato l’azienda di Gianfranco Soldera, rendendo, di fatto, il suo vino un vero e proprio “mito” alimentato dalla spasmodica ricerca di consumatori affezionati e collezionisti incalliti di tutto il mondo. Paradossalmente, l’autore del gesto (un ex dipendente dell’azienda vitivinicola) non ha arrecato danni a Gianfranco Soldera che pare fosse assicurato e che inoltre ne ha tremendamente guadagnato in popolarità visto che i media di mezzo mondo ne hanno parlato, il vero danno lo ha procurato a tutti coloro hanno avuto l’onore almeno una volta nella vita di poter godere di quello straordinario vino, così grande, così profondamente unico.